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domenica 6 giugno 2010

L'EMOZIONE E L'ADATTAMENTO... Il gusto della vita, la felicità e l'infelicità

Cos'è che costituisce la maglia della vita mentale?
Cos'è che definisce chi siamo ai nostri occhi e a quelli delle persone che frequentiamo?
Cos'è che rappresenta la nostra essenza personale?
Cos'è che decide come reagiamo agli eventi, le nostre sfumature e i nostri colori, cioè l'arcobaleno della nostra vita?


Che può essere se non l'altro sistema di conoscenza, quello chiamato mente emozionale, impulsiva e potente e che il più delle volte si presenta in modo illogico a tal punto da rimanere sconcertante alla stessa mente razionale!


Si, è proprio l'emozione che ci rende piacevoli o non graditi agli altri e a noi stessi, che ci da il gusto della vita, il piacere e il dispiacere, la felicità o l'infelicità. E' essa che decide il nostro atteggiamento verso l'esistenza, e questo attraverso la sua decodifica cognitiva che avviene con un processo d'attribuzione di significato allo stato neurovegetativo che ne è ad essa intrinsecamente collegato.


Che significa ciò?


Semplicemente che ogni emozione, come accennato anche nel precedente articolo, comporta fisiologicamente uno stato ben preciso di condizioni vegetative (per es. nella paura abbiamo: aumento del battito cardiaco, delle frequenza respiratoria, della sudorazione, pallore al viso dovuto a vasocostrizione ecc.), il punto è che tali stati negli animali dotati di consapevolezza, producono sentimenti emotivi coscienti. Col processo d'attribuzione di significato, quindi si costruisce l'emozione corrispondente, ed è essa l'unico risultato che ci porta ad avere i sentimenti che sono per loro natura consapevoli, e chiamiamo paura, amore, felicità ecc.


Le emozioni
, dunque, sono il risultato dei nostri significati percepiti, delle nostre valutazioni e dei nostri pensieri, e informano da una parte il sistema mentale di quando sta per raggiungere o fallire lo scopo della massimizzazione della sua capacità di previsione su se stessi e sull'ambiente (cioè la capacità di poter prevedere in modo esaustivo gli eventi interni ed esterni a noi stessi, il fulcro della nostra sicurezza), dall'altra comunicano lo stato che viviamo di fronte ad un qualsiasi evento. Pertanto la loro intensità dipende da come quest'ultimo è collegato alla previsione che stiamo per effettuare. Le emozioni sono vissute come episodi che passano e vanno via, distinte dai stati d'animo che sono più duraturi poiché prodotti da una maggiore elaborazione mentale. L'amore, che predispone alla cooperazione; la sorpresa che con l'innalzamento delle sopracciglia ci permette di raccogliere maggiori informazioni sull'evento imprevisto; la felicità che ci introduce una maggiore energia e ci rende entusiasti nei confronti di una qualche cosa che si debba svolgere; la tristezza che ci consente di adeguarci alla perdita significativa appena sostenuta, la cui caratteristica principale è la chiusura in se stessi normalmente solo momentanea, ha il fine di consentirci di elaborare tale perdita per riorganizzarci alla vita susseguente; sono tutte esempi di emozioni utili all'adattamento.

La risposta emotiva rappresenta la mobilitazione dell'organismo atto a fronteggiare l'ambiente, il suo fine è quello prettamente di consentirci l'adattamento in senso darwiniano. Altre caratteristiche manifestazioni emozionali ereditate geneticamente, sono la rabbia e la paura che si pongono quali emozioni fondamentali per la sopravvivenza. La loro funzione è preminente, poiché hanno il compito di preservare l'organismo di fronte al pericolo. Predispongono,
pertanto, alla difesa personale attraverso l'attacco e la fuga, e sono quelle che si presentano più invasivamente. Dunque, la loro caratteristica centrale è di rendere pronto l'organismo alla eventuale necessità di dover far fronte all'eventuale pericolo. La loro mobilitazione neurovegetativa (utile atavicamente nei contesti d'emergenza, per es. alla presenza di un animale feroce o ad un potenziale combattimento a corpo a corpo con un nemico), avviene attraverso: -aumento della sudorazione al fine di disperdere il calore eventualmente prodotto; -aumento del battito cardiaco e della respirazione per fornire maggiore flusso di sangue ai muscoli e maggiore ossigenazione; -immissione di adrenalina nel sangue per rendere l'organismo più capace. Quindi pronto ad ogni evenienza; -rilascio di zuccheri nel sangue, per avere a disposizione maggiori risorse energetiche ecc. Tale cambiamento interno dell'organismo avviene per renderci più efficaci di fronte al potenziale pericolo, un tempo ci consentiva di aggredire gli altri animali che ritenevamo di poter vincere o di fuggire in caso contrario. Era qui che l'attività previsionale, quella ereditata geneticamente (la conoscenza innata), controllata dalla mente emozionale, che entrava in funzione per consentirci le risposte più appropriate. Ogni emozione ci predispone ad un determinato comportamento specifico allo stimolo che l'ha prodotta. Si propone di guidarci in una determinata direzione che si è già rivelata utile innumerevoli volte nella nostra storia evolutiva, al fine di consentirci il superamento delle difficoltà della vita umana.

Le emozioni, dunque, guidandoci con saggezza nel percorso evolutivo filogenetico, ci hanno salvato la vita innumerevoli volte. Ora un semplice esempio immaginario per meglio comprendere i concetti esposti; siete in viaggio guidando la vostra automobile:
-osservate la strada e notate che è piena di curve e abbastanza stretta… concludete che non è
sicura;
-a tale conclusione ovviamente regolate la vostra velocità in modo che il percorso non sia per voi
pericoloso; -infatti, accelerate percorrendo i rettilinei e decelerate in prossimità delle curve.
Fin qui tutto bene, niente da dire, avete goduto primariamente dell'intelligenza acquisita geneticamente, quella emotiva che permette di difendere subitaneamente la vita. Ora riflettete: se ognuno di noi non possedesse tale intelligenza sarebbe sempre in pericolo di vita. Infatti nel caso dell'esempio, essa ha prodotto la paura utile affinché non aumentaste eccessivamente la velocità della vostra autovettura, cioè avete evitato di viaggiare ad una velocità troppo elevata, evitando così l'eventuale uscita di strada della vostra automobile con conseguenze facilmente immaginabili. Questo esempio per capire l'utilità della dell'emozione adattiva, ma andando oltre, vediamo che se per ipotesi, anche se difficilmente verosimile voi incontraste un leone nel parco della vostra città, ed anche non possedendo nessuna conoscenza sulla pericolosità di tale animale, la paura ancestrale vi salverebbe costituendo l'input che vi indurrebbe a fuggire al pericolo.
La mente emotiva ha di nuovo lavorato a vostro beneficio.
Ma il problema è proprio qui!
Quanti leoni potreste incontrare nel vostro cammino?

Quanti imprevisti da foresta amazzonica potreste trovare in Via Veneto a Roma o a Piazza Duomo a Milano?
Sicuramente nessuno, a meno che sia fuggito un animale feroce da uno zoo della città o dal circo vicino. Il punto è proprio questo, si possiede un sistema emotivo che non si è sviluppato adeguatamente per interagire con la realtà d'oggi. L’evoluzione emotiva, purtroppo, si è dimostrata più lenta rispetto allo sviluppo legato alla tecnologia e alla civilizzazione. Le emozioni non si sono adeguate al nuovo ambiente ricco di stimoli diversi da quelli atavici che le hanno prodotte. Il processo dell'evoluzione genetica dell’emozione è un processo lento che oggi il più delle volte si dimostra paradossalmente inadattivo. L’ambiente non è più quello di una volta, mentre il nostro sistema emotivo lo è. Per cui quest’ultimo si attiva molto facilmente, e quello che è più sconveniente, è che si attiva anche per generalizzazione e per somiglianza a quegli stimoli che l’hanno prodotto. Infatti, la maggior parte delle paure avvengono di fronte a stimoli che di per se stessi sono neutri, ma che assumono significatività se si sono presentati in contiguità con uno stimolo incondizionato adattivo di paura, essi dunque si condizionano suscitando da quel momento paura o ancor peggio, c'indurranno facilmente dell’ansia fobica.

Per esempio: immaginate di trovarvi ancora oggi con delle paure irrazionali verso alcuni specifici eventi, i quali per altre persone sono invece del tutto normali. Supponiamo che il motivo della vostra fobia possa essere dovuto ad un'educazione patologica, che vi ha costretto a vivere, da piccoli, l’emozione della paura ripetute volte. E questo perché vostro padre vi riprendeva e giudicava con superficialità ogni vostro operare talmente inadeguato ed inopportuno che spesso vi puniva anche con sculacciate, la risposta adattiva che avete provato è stata ovviamente la paura...

Cosa è successo esattamente?


Avete probabilmente vissuto una minaccia al vostro Io fisico, nonché psicologico, la risposta naturale era quindi la paura, ed essendo piccoli e non potendo fare altro, il discorso a riguardo rimane ovviamente molto complesso, ma ciò che a noi interessa per il nostro studio, è semplicemente la generalizzazione della paura a tutto il contesto o a parte di esso.
Di solito in questi casi accade che si sviluppa fobia non solo per l’evento attivante, ma anche per altri elementi che circoscrivono l’evento. Infatti, in questa esperienza, si è creato un legame tra la risposta naturale della paura condizionandola ad uno o più stimoli neutri presenti in quei momenti, oltre naturalmente alla persona di vostro padre: per esempio, a un tipo di atteggiamento, a un tipo di espressione facciale, eventualmente anche al luogo dove la misfatta avveniva ecc. Il punto è che tali condizionamenti, in altre parole i primari schemi cognitivi, rappresentando la conoscenza iniziale, vi si ripropongono con estrema facilità nell’età adulta poiché vissuti con forte intensità e/o per ripetute volte. Infatti, oggi sentite ansia di fronte a stimoli neutri che hanno una qualche relazione o somiglianza con lo stimolo primordiale, per esempio:
- una stanza che ricordi in qualche modo quella originaria;

- altre persone che vi fanno tornare in mente quella di vostro padre;

- un atteggiamento particolarmente rievocativo ecc., ecc.

Un esempio esaustivo anche se banale è la fobia dei cani: se avete vissuto una situazione spiacevole con un cane quando eravate piccoli è facilmente possibile che tale realtà si ribalti permanendo nell'età adulta, attraverso l’induzione di una fobia generalizzata a tutti i cani.
Con simili esperienze, quindi, vi potreste trovare a riprovare ansia appena costatate la presenza di uno stimolo simile a quello originario che vi aveva indotto la reazione di paura. Il condizionamento produce schemi di risposta emotiva di adattamento che vengono riattivati, come già detto, per contiguità a stimoli incondizionati simili a quelli originari.

Ora risulta naturale una domanda?
Perché ci troviamo a vivere tali emozioni il più delle volte con spiacevolezza, inopportunità ed esagerazione?

Il perché ve lo svelo subito, riguarda proprio il fatto che utilizziamo un apparato emotivo ancestrale per fronteggiare dilemmi postmoderni.
Per spiegare meglio tale concetto, uso le emozioni più spiacevoli, quelle che gestiscono l’emergenza dovuta a situazioni di lotta o di fuga. Nel caso delle emozioni di paura, e di collera, che sono reazioni condizionate di ansia. Qualsiasi stimolo neutrale, come nell’esempio precedente, che colpisca un individuo all'incirca nel momento in cui sia evocata una reazione innata di paura (una di quelle di cui ho parlato precedentemente, vale a dire quelle utili a gestire in tempo reale le emergenze della vita) acquista il potere di evocarla. Se la paura insorta nella situazione originaria è molto intensa, o se il condizionamento si è ripetuto per un buon numero di volte, la paura condizionata si stabilizzerà instaurando nella persona una paura nevrotica (dico nevrotica perché non più consona al contesto attuale, e che produce immobilizzazione e mancanza d'energia). In tal situazioni la risposta di paura ha una forte probabilità che possa estendersi, costituendo la reazione più veloce di fronte a stimoli che si avvicinano per caratteristiche allo stimolo condizionato. Di fronte a questa realtà appare dunque chiaro, che la loro facile insorgenza di fronte ad una moltitudine di situazioni emotivamente stimolanti, rappresenta un grosso inconveniente. L’incremento del battito cardiaco o della sudorazione per esempio, avviene anche per stimoli emotivi modesti e profondamente differenti con la minaccia e l'aggressione tipiche risposte d'adattamento. Ne consegue che queste reazioni condizionate si attivano, anche con variazioni dell'ambiente che ci impegnano anche se solo leggermente, cioè situazioni dove la nostra capacità previsionale è ridotta al minimo o erronea o addirittura mancante (per es. un incontro con una persona che abbiamo giudicato importante o che non conosciamo affatto; un ambiente di cui non possediamo nessuna conoscenza; in concomitanza di un semplice esame ecc., ecc.). La subitaneità, la mancanza del controllo razionale e volontario, fanno sicché, queste risposte adattive, siano purtroppo il più delle volte inopportune e malaccorte. Questa rapidità è essenziale osservandola dal punto di vista adattivo, perché consente di reagire subitaneamente evitando di perdere tempo in inutili elaborazioni razionali, ma diventa, ripeto, superflua o addirittura fastidiosa nei casi ove ciò non serve più.

Mazzani Maurizio

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